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Coronavirus – Dubbi su affitti e abbonamenti, l’avv. Consiglio: “Vi spiego io…”

L'avvocata Francesca Consiglio risponde ad alcune domande ricorrenti in merito all'emergenza Covid-19: "Devo pagare l'affitto?", "Ho diritto a una riduzione?", "Posso lasciare casa?". Tutto quello che c'è da sapere.

Con la chiusura delle università a causa dell’emergenza sanitaria, molti studenti fuori sede hanno abbandonato le case che avevano affittato per frequentare le lezioni e si domandano adesso come comportarsi. Allo stesso modo, sono in difficoltà i conduttori di botteghe e altre piccole attività, momentaneamente impossibilitati a svolgere il proprio lavoro e  trarne profitto. L’avvocata Francesca Consiglio, esperta nel contenzioso con particolare riferimento al diritto delle locazioni,  ha chiarito a LiveUnict alcuni punti in merito al pagamento degli affitti in questo momento di grande crisi e incertezza.

Anche nell’attuale situazione di emergenza sanitaria – dichiara Consiglio – il conduttore è tenuto a pagare il canone di locazione fino a quando occupa l’immobile. Può però configurarsi un’ipotesi di ‘impossibilità sopravvenuta’ (soprattutto ciò varrebbe per le botteghe commerciali per le quali sia impedita l’attività dai provvedimenti governativi e per le case locate agli studenti fuori sede) e, di conseguenza, il conduttore avrebbe il diritto di chiedere la risoluzione del contratto con effetto immediato, quindi senza bisogno di preavviso. Ovviamente, in questo caso, sarebbe tenuto a lasciare l’immobile“.

Non si tratterebbe di un recesso unilaterale – continua l’avvocata –, ma più propriamente di una risoluzione contrattuale, che, se contestata dal locatore, dovrà successivamente essere accertata e dichiarata dal Tribunale. In ogni caso, al di là delle norme giuridiche, una soluzione di “buon senso” potrebbe essere quella di concordare una riduzione del canone con il locatore per il periodo di emergenza sanitaria”.

Si ricordi che il decreto “Cura Italia” prevede già la sospensione dei mutui e una proroga degli sfratti, abitativi e non, fino al 30 giugno. Inoltre, per le locazioni commerciali “ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1” (art 65 decreto “Cura Italia)”. Più difficile, però, è giustificare l’interruzione del pagamento nel caso delle locazioni a uso abitativo, come quelle degli studenti fuori sede, almeno in assenza di una regolamentazione ufficiale.

A questo proposito, il Codacons ha messo oggi in evidenza la gravità dell’assenza di una sospensione delle bollette per luce, acqua e gas e il problema degli affitti. Le conseguenze più pesanti dell’emergenza sanitaria saranno, infatti, proprio quelle economiche, che accompagneranno e seguiranno la pandemia da Covid-19. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha sottolineato la necessità di fornire prima di tutto liquidità ai cittadini e supportare le famiglie e le imprese, che hanno visto una severa riduzione delle proprie entrate e potrebbero trovarsi impossibilitati a pagare le varie imposte mensili a loro richieste.

Un altro dei dubbi che sta affliggendo molti cittadini, non solo gli studenti, è la possibilità o meno di rimborso degli abbonamenti presso palestre, centri sportivi e piscine: “Anche per gli abbonamenti vale lo stesso ragionamento. Il gestore, considerata l’impossibilità della prestazione, dovrebbe quanto meno sospendere il periodo di abbonamento che ricomincerebbe a decorrere alla riapertura delle attività. A mio parere, potrebbe essere rifiutato  il ‘rimborso’ in quanto l’importo è stato già fatturato e resterebbero ingiustamente a carico del gestore le imposte che sono state o che dovranno essere pagate“.

Quest’ultimo punto sembra ben bilanciare gli interessi dei consumatori e la tutela delle imprese (in questo caso i gestori di centri sportivi, palestre, piscine…): il cliente abbonato potrà comunque usufruire dell’intero servizio da lui pagato una volta riavviata l’attività, senza creare ulteriori disagi ai gestori già debilitati dalla chiusura forzata.