Eredità: nuda proprietà agli eredi e diritto di abitazione alla convivente
Cosa succede se il de cuius, con testamento lascia: la nuda proprietà agli eredi ed il diritto di abitazione alla convivente?
Quali sono i diritti della convivente more uxorio sull’ immobile intestato agi eredi? E quali i diritti degli eredi?
Il primo aspetto da chiarire è se il de cuius, nel testamento, ha concesso alla convivente l’usufrutto dell’immobile o il semplice diritto di abitazione. Nel primo caso, l’usufrutto, quale diritto reale di godimento dura per tutta la vita dell’usufruttuario, salvo clausole testamentarie che ne fissino una durata diversa o si verifichi una causa di estinzione, e non può essere pregiudicato dagli eredi. Inoltre, dato che il diritto di utilizzare l’immobile trova fondamento nel testamento ed è essenzialmente gratuito, i proprietari non possono pretendere il pagamento di un canone di locazione. Se, invece, il de cuius ha inteso concedere il semplice di diritto di abitazione, quest’ultimo ha necessariamente carattere temporaneo, essendo subordinato alle esigenze di abitazione. In altri termini, il diritto di abitazione non può permanere per tutta la vita ma solo fino a quando il titolare non abbia trovato una nuova sistemazione (e si sia ovviamente attivato per farlo). In tale ipotesi, gli eredi, in quanto proprietari dell’immobile indiviso, possono pretendere che il titolare del diritto di abitazione si dia da fare per trovare una nuova abitazione, fissando, per esempio, un termine entro il quale liberare l’immobile. La Legge Cirinnà, ha espressamente stabilito quanto segue: “in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni”. Come si può notare, il legislatore ha dovuto prendere atto, da un lato, dell’esigenza di tutelare il convivente superstite privo di una casa in cui vivere una volta deceduto il compagno/a; dall’ altro lato, dalla necessità di tutelare anche gli eredi che, in quanto proprietari, non possono vedersi occupare l’immobile per sempre a titolo gratuito.