A difesa dei contratti a canone concordato

A difesa dei contratti a canone concordato

Purtroppo, l’intenzione di alzare dal 10 al 12,50 l’aliquota della cedolare secca per i contratti a canone concordato è confermata dal ministro Gualtieri nella intervista resa al Sole 24 Ore di ieri. Il ministro dice: l’aliquota del 10% era temporanea, il prossimo anno (a legislazione vigente) sarebbe salita al 15%, noi la rendiamo stabile e strutturale al 12,50, quindi abbassiamo l’imposta. Vale la pena ricordare al Ministro alcune cose: 1) tutte le forze politiche da 6 anni a questa parte si erano impegnate a mantenere l’aliquota al 10% sulla base della buona prova che questa misura aveva dato: emersione fiscale (certificata da Tesoro e Agenzia delle Entrate); calmieramento dei canoni a favore degli inquilini; 2) su questo presupposto sono stati realizzati decine di nuovi accordi locali e migliaia di contratti che dovranno scontare un carico fiscale maggiore non preventivato al momento della fissazione del canone; il ché spingerà molti a chiedere la rinegoziazione del contratto e determinerà il rischio di un forte contenzioso. Il tutto, per prevedere un ritorno modestissimo da parte dello Stato. Giustamente, non solo la proprietà ma anche i sindacati degli inquilini stanno insorgendo di fronte a questa misura insensata.
Governo e Parlamento devono rispondere ad una domanda: è vero o no che oggi i contratti a canone concordato sono la principale misura per garantire l’accesso all’affitto per migliaia di famiglie? Se sì, come tutti dichiarano di credere, non solo non vanno diminuiti i margini di convenienza di questi contratti, ma, al contrariò va’ allargata la platea dei Comuni che possono giovarsi di questo strumento, a partire da quelle migliaia che rischiano di perderlo entro quest’anno dopo averne beneficiato per anni, se non verrà prorogata la norma che prevede l’inclusione di comuni colpiti da calamità naturali.

1) tutte le forze politiche da 6 anni a questa parte si erano impegnate a mantenere l’aliquota al 10% sulla base della buona prova che questa misura aveva dato: emersione fiscale (certificata da Tesoro e Agenzia delle Entrate); calmieramento dei canoni a favore degli inquilini; 2) su questo presupposto sono stati realizzati decine di nuovi accordi locali e migliaia di contratti che dovranno scontare un carico fiscale maggiore non preventivato al momento della fissazione del canone; il ché spingerà molti a chiedere la rinegoziazione del contratto e determinerà il rischio di un forte contenzioso. Il tutto, per prevedere un ritorno modestissimo da parte dello Stato. Giustamente, non solo la proprietà ma anche i sindacati degli inquilini stanno insorgendo di fronte a questa misura insensata.
Governo e Parlamento devono rispondere ad una domanda: è vero o no che oggi i contratti a canone concordato sono la principale misura per garantire l’accesso all’affitto per migliaia di famiglie? Se sì, come tutti dichiarano di credere, non solo non vanno diminuiti i margini di convenienza di questi contratti, ma, al contrariò va’ allargata la platea dei Comuni che possono giovarsi di questo strumento, a partire da quelle migliaia che rischiano di perderlo entro quest’anno dopo averne beneficiato per anni, se non verrà prorogata la norma che prevede l’inclusione di comuni colpiti da calamità naturali.

Alfredo Zagatti (Presidente ASPPI Nazionale)

Condividi